TEATRO DI DOCUMENTI - v. Nicola Zabaglia, 42 – Roma
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        Teatro di Documenti: Luciano Damiani

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Luciano Damiani nasce nel 1923 a Bologna.
Allievo di Morandi, progetta le prime scenografie per il Centro Universitario Teatrale di Bologna.
Presto Sandro Bolchi e il gruppo teatrale della Soffitta lo chiamano per disegnare e realizzare le scene dei loro spettacoli.
Nel 1952 inizia il sodalizio artistico con Giorgio Strehler, certamente il più fecondo del teatro italiano del ‘900.
Nascono i grandi spettacoli che hanno rinnovato la nostra scena: L‘anima buona di Sezuan, Vita di Galileo ed altri testi di Brecht che prima d‘allora non era stato rappresentato in Italia, El Nost Milan di Bertolazzi, Il giardino dei ciliegi di Cechov, La Tempesta di Shakespeare, e i goldoniani Il campiello e Le baruffe chiozzotte, per citarne soltanto alcuni.
Altri registi vogliono Damiani: Fersen, Squarzina, Puecher, Missiroli, Ronconi, Planchon, Enriquez, Jean Vilar, Vittorio Gassman.

     
     

E i più importanti teatri lirici gli aprono le porte: La Fenice di Venezia, La Scala di Milano, l‘Arena di Verona, e poi Amburgo, Vienna, Salisburgo, Buenos Aires.
Memorabile resterà la sua visione del Ratto dal serraglio di Mozart, regia di Strehler, tuttora rappresentato.
“Non si deve decorare lo spazio, ma strutturarlo“ dichiara Damiani, affermando un rinnovato ruolo protagonista alla scenografia.
La genialità di Damiani è sostenuta da un metodo che supera il puro istinto del creatore.
Osservatore implacabile, degli spazi non coglie prospettive e proporzioni in termini intuitivi e basta, ma si interroga sulle percezioni dell‘occhio e sulle impressioni ricevute dal cervello, cosí che la sua storia d‘artista interseca analisi e riflessioni di marchio scientifico.
La sola scenografia non basta com ambito ideale di sperimentazione.
Negli anni ‘80 Damiani acquista a Roma delle antiche grotte secentesche.
E a 58 anni, compie un‘impresa solitaria e immensa.
Finanziandolo completamente e costruendolo con la sola forza delle sue braccia, Damiani costruisce il Teatro di Documenti, sintesi compiuta della sua idea di teatro.
Scenografo, costumista, architetto, ma anche regista.
Negli ultimi allestimenti intraprende una nuova ricerca sulla drammaturgia e sull‘attore il quale, nascoste le sue fattezze sotto uno strato di biacca e un naso rosso, diviene neutro ed esclusivo strumento espressivo.
Ad ogni personaggio, inoltre, Damiani affianca un suo doppio, e le battute, frammentate tra l‘uno e l‘altro, o ripetute, amplificano la musicalità della parola e ne rinnovano il senso.
Mentre sul dire stabilisce una gestualità precisa e dei movimenti di scena che incalzano come serrate coreografie.
Grandi classici,Baccanti, La Mandragola, La Moscheta, vengono rappresentati secondo la linea di questa ricerca.
Innovatore e sovvertitore della scena, Damiani resta un punto fermo e luminoso nel sistema del teatro italiano.



     

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