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ALL‘ATELIER
Spazio aperto di ricerca teatrale
Pensato e guidato da Alessia Cristofanilli
L‘atelier è uno luogo in cui studenti, artisti, aspiranti tali,
ricercatori, curiosi, possono venire a condividere un processo creativo.
Come funziona
Ogni lunedì ci si vede al Teatro di Documenti alle ore 20, si fa un‘ora
di allenamento teatrale, e poi un‘ora di processo creativo collettivo.
Puoi partecipare anche solo una volta, o puoi decidere di tornare e tutti
i lunedì all‘ Atelier.
L‘allenamento
La prima ora sarà dedicata alla costruzione di una sorta di
alfabeto teatrale che sarà utile nella creazione.
Giochi, esercizi, tecniche presi in prestito da differenti metodi
teatrali.
La jam creativa
La seconda ora sarà dedicata alla creazione di materiale
scenico, si potranno portare pezzi a cui si sta lavorando, si
potrà portare un‘idea sulla quale avviare una ricerca,
o un testo che ci va di condividere, o una canzone, o una poesia.
Sessione dedicata
Se hai un monologo che vuoi provare davanti ad un pubblico per
vedere se funziona, se hai un pezzo che vuoi rivedere e migliorare,
puoi prenotare una sessione ad hoc e in quel caso la seconda parte
dell‘Atelier sarà dedicata interamente al tuo lavoro.
Per tutti gli altri assistere alla creazione di una scena, o di una
partitura, sarà momento prezioso di apprendimento.
Quando
Tutti i lunedì dalle 20 alle 22
Dove
L‘Atelier si svolgerà in un luogo suggestivo: Il
Teatro di Documenti.
Gioiello di architettura teatrale, voluto, ideato e costruito dal
maestro Luciano Damiani negli anni 80.
“Il Teatro di Documenti nasce dal sogno di Damiani di
creare un teatro “democratico e popolare” dove le
persone, attori e spettatori, siano unite nel farsi dello
spettacolo.
L‘unificazione strutturale tra spazio della scena, spazio del
pubblico e spazio degli attori, annulla la tradizionale separazione
tra palco e platea, e disintegra il dualismo “dietro le quinte/davanti
le quinte”.”
Per creare (piccolo manifesto poetico)
Ci vuole innanzitutto, all‘inizio, al momento zero, alla
partenza, uno spazio, che non sia ancora luogo.
Ci vuole poi un bisogno, un fastidio nello stomaco, una zanzara
nell‘orecchio, un urlo che non abbia trovato il respiro, un
cuscino con le spine, un prurito.
Ci vuole un pezzo di vuoto. Di forma convessa, di ampiezza
variabile dal minuscolo all‘enorme.
Ci vuole poi il silenzio. Usare l‘ovatta per attutire i
suoni acuti.
Ci vogliono tante persone per fare un grande silenzio. Invitate
amici.
Ci vuole poi una pausa, un tempo soffice, un tè bollente su
cui soffiare, una sedia su cui sentirsi giusti, per un pó.
Ci vuole poi il perdersi, e dirlo ad alta voce al primo che passa
quel giorno, in quel vicolo deserto “Sono perso”. E
guardare poi la bocca dell‘altro quando si perde per un
attimo e poi torna. E anche gli occhi, forse prima gli occhi, poi
la bocca.
Ci vuole un abisso lucente e tintinnante, in cui celestiale sia la
discesa, morbido il sentire, lieve il trapasso.
Per creare.
Alessia Cristofanilli
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