Teatro di Documenti

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TEATRO DI DOCUMENTI - v. Nicola Zabaglia, 42 – Roma
tel.  06 455 485 78 – 328.8475891

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FESTA DELLA POESIA 2023

Ringraziamo tutti i poeti che hanno condiviso con noi le loro liriche, i giurati per il loro impegno, gli attori che leggeranno
le poesie, i giovani artisti che le interpreteranno.


Premio Poesia e Teatro 2023

2° PREMIO

CARNE DALLA MIA CARNE               Martina Storani



Io sono Lilith. Nata dal medesimo suolo da cui tu sei nato. Generati dallo stesso impasto Io e te, cumulo di polvere tenuto insieme dal disprezzo, dallo sputo del dio che tu veneri e che io non ho mai visto. Maschio e femmina ci creò. La sua mano ci taglió in due per farci bisognosi l‘uno dell‘altra. O almeno questo pensava: io ti servo, non vale il contrario. A sua immagine ti creò, cosí si dice. E di me, invece? Di me che dicono?

Io sono Lilitu. Signora dell‘aria. Il soffio che ti scompiglia i capelli. Non mi puoi catturare. Quando hai afferrato il mio braccio, aperto il palmo, cosa hai trovato? Nulla. Solo carne, la tua carne. Io sono la disobbedienza al padre e al figlio. Voi mi avete additata, fatto di me vessillo della sovversione. Ma il mio respiro si fa affannoso come il tuo dopo la lotta. Non vedi che la tua pelle e la mia hanno uno strappo sul fianco?

Io sono Ardat Lili. Figlia della notte. Mi hai cavato la luce dagli occhi, eppure vedo ancora. Abituata alla tua ombra, guardo attraverso il buio in cui m‘hai segregata. È mia amica la falena. La farfalla leggera si è fatta una corazza per reggere il peso della notte. Come lei, sono coperta da un vello sottile. Mi cerchi, non ti dai pace. Non mi conosci, ma ti manco. Come un gemello mai nato. Perchè sono te. La parte che ti spaventa. Cos‘hai raccontato al tuo dio quando sono partita?

Io sono Ninlil. La tempesta che spazza via il seme. Invano hai cercato di piegarmi, come il montone fa con la pecora. Ti è parso di potermi dare un nome. Moglie. Madre. Ma io non sono un pesce del mare né un uccello del cielo. Io non striscio sulla terra. Tu non mi definisci perché io non sono tua. La mia libertà è la tua castrazione. Il tuo erpice non solca il mio campo, ma il mio giardino è fecondo

di delizie che nemmeno immagini. Io so dare la vita, prima di toglierla. Tu cosa sai fare?

Io sono Lamassu. Mezza donna e mezza vacca. Cosí gli uomini mi hanno schernita. La mia bellezza ti ferisce e non sai gestire la fiamma viva. Il mio aspetto non è per la tua gratificazione. Mi faccio mostro se lo preferisci, per me fa lo stesso. Io so amare il tuo volto senza deturparlo, non ne ho bisogno. È del tuo petto che non mi fido. Sembra solido, potente. Ma il tuo cuore vacilla. Forse dal taglio fu infezione, uno dei due è cresciuto malato. Puoi guardarmi negli occhi mentre ti parlo?

Io sono Lamia. La strega che graffia e morde. Tanto piú io imparo, meno tu conosci. Dei segreti del mondo potrei raccontarti, ma tu temi la saggezza che non viene dall‘alto. Questa è un tesoro nascosto negli abissi del tempo, dove non arriva la luce della rettitudine. Non cade dal cielo come la pioggia. Lei sale. Nel profondo della terra, devi scavare. Le mani di Caino lo sapranno meglio delle tue. Le sue ginocchia cigolanti. E i calli. Sarà punito anche lui. Tuttavia tu ignori ancora: chi è Caino?

Io sono Inanna. La puttana sacra. Demone e dea. Le mie figlie soggioghi per vendetta e costruisci templi per poter dire che è giusto. Il rito violento di una ierogamia impossibile. Tenti una recita diversa dalla scena antica. L‘immagine di me che fuggo, di te che sanguini appena dal labbro spaccato. Ma il dolore non lo sopporti e hai troppo orgoglio. Cerchi una catarsi che ti liberi dalla frustrazione

del mio rifiuto. Se fossi rimasta, dimmi, come sarebbe stata la storia del mondo?

Io sono Eva. Nata dalla tua costola mentre dormivi. Non ti sono costata neanche una lacrima. Sono stata creata da te. Per te. Sono stata riprogettata e sono tua, per volere di tuo padre. La compagnia delle bestie non ti si addice. E mi hai detto di dire. Mi hai comandato di fare. E io ho obbedito. Con un pezzo di te nel corpo non ero capace di contraddirti. Ecco, questa è la tua costola. Riprenditela. Mi hai chiamata in tanti modi, ma io sono solo me stessa. E non giaceró sotto di te.

                                                Martina Storani


     

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